Intervenendo ad una conferenza a Brescia, la presidente della Lega Democratica marocchina per i Diritti delle Donne ha tuttavia voluto sottolineare i progressi compiuti negli ultimi anni nel Paese: “In precedenza – ha detto – la gestione della famiglia era affidata esclusivamente agli uomini mentre ora è divisa al 50% tra i due genitori”.
di Giovanni Vigna
Roma, 20 giugno 2016, Nena News – Il Marocco è stato investito in modo limitato dai venti delle rivolte popolari scoppiate alla fine del 2010 nel mondo arabo. Le manifestazioni e le proteste non sono state radicali come in Tunisia e in Egitto. Tuttavia il Regno guidato da Mohammed VI ha conosciuto “un processo di cambiamento legato a un ciclo di riforme che hanno democratizzato il paese negli ultimi vent’anni”. Lo ha affermato Latifa Bouchoua, presidente della Lega Democratica per i Diritti delle Donne ed esponente della Commissione per la modifica del Codice della Famiglia del Regno del Marocco, intervenuta alcuni giorni fa alla conferenza dal titolo “Donne al di là del Mediterraneo”, organizzata a Palazzo Broletto a Brescia dalla Commissione Pari Opportunità del Comune e dalla Provincia. Laureata alla facoltà di scienze a Rabat, Bouchoua ha ottenuto la qualifica nel campo dei diritti umani e attualmente lavora all’interno del Ministero della Pubblica Istruzione nell’ambito della sicurezza e della comunicazione. Figlia di un prigioniero politico, ha lavorato per anni all’interno dell’associazione per i diritti umani in Marocco.
La cosiddetta “Mudawwana” è la legge marocchina sul diritto della famiglia, riformata nel 2004 dal Parlamento del paese maghrebino. “Il nostro movimento – afferma Bouchoua – si è concentrato sui diritti delle donne, l’obiettivo è conquistare semprepiù potere a tutti i livelli, in politica, in economia e nella società”.
In passato in Marocco, sottolinea Bouchoua, le donne non potevano parlare e chiedere il riconoscimento dei propri diritti: “Uno dei risultati della nostra azione è stata la riforma del Codice della Famiglia che ha modificato la mentalità maschilista tipica del Marocco”. In precedenza la gestione della famiglia era affidata esclusivamente agli uomini mentre ora è divisa al 50% tra i due genitori. “I diritti degli uomini sono sempre stati intoccabili, come il Corano, perché erano espressione della sovranità” ricorda Bouchoua che illustra alcuni cambiamenti introdotti dalla modifica del Codice della Famiglia. “Il matrimonio non può essere celebrato se la donna ha meno di 18 anni, inoltre sono state promulgate norme che rendono difficile e a volte impossibile praticare la poligamia. Tutto ciò rappresenta una novità ma esistono ancora parecchie difficoltà ad applicare le leggi – ammette Bouchoua – il movimento delle donne sta proponendo alcune soluzioni per superare gli ostacoli che impediscono di mettere in pratica le nuove norme”.
I cambiamenti, spiega Bouchoua, sono nati alla fine del secolo scorso, in una fase delicata, durante il passaggio dei poteri dal re Hassan II all’attuale sovrano Mohammed VI, che ha dato vita a un processo di conciliazione con i partiti dell’opposizione, accogliendo le richieste delle organizzazioni marocchine che chiedevano la progressiva democratizzazione dello Stato. Così nel 2003 è nata la commissione per l’equità e la conciliazione. Nel 2011, sull’onda delle Primavere Arabe, è nato il Movimento 20 Febbraio che ha avuto un impatto forte e ha riscontrato una grande partecipazione da parte di tutti gli strati sociali. “Le richieste di questo movimento – afferma Bouchoua – riguardavano la dignità, l’uguaglianza e la giustizia sociale ma tra le varie rivendicazioni non compariva la parità tra i sessi. In particolare, uno degli obiettivi principali era la lotta alla corruzione”.
Le donne non hanno partecipato alle proteste come gruppo ma hanno aderito individualmente. Nel marzo del 2011, sulla spinta del Movimento 20 Febbraio, il re ha annunciato di voler riformare la Costituzione e il movimento delle donne ha iniziato a dialogare con la commissione incaricata di studiare le modifiche legislative. “Uno degli aspetti rilevanti di questa riforma – ricorda Bouchoua – è costituito dalla conquista dell’uguaglianza tra uomini e donne. Alla fine del 2011 il nuovo governo di ispirazione conservatrice uscito dalle urne ha per così dire “dimenticato” e attribuito poca importanza alla Costituzione. Negli ultimi mesi l’esecutivo ha iniziato a discutere le richieste del popolo visto che a breve saranno indette nuove elezioni”.
Alla luce delle modifiche introdotte dalle riforme del Codice di Famiglia e della Costituzione a favore delle donne è possibile affermare che esiste una forma di femminismo nell’ambito dell’Islam marocchino? “Il movimento per i diritti delle donne non ha nulla a che vedere con l’Islam – risponde Bouchoua – tuttavia le nostre battaglie hanno influenzato il governo marocchino anche perché tante donne lavorano nelle istituzioni e vogliono percorrere la strada dei diritti umani. L’esecutivo ha inserito tale questione nella propria agenda politica sottoscrivendo, insieme ad altri paesi arabi, accordi e convenzioni internazionali. Tuttavia devo rilevare un paradosso, una divaricazione tra i discorsi che i rappresentanti del governo pronunciano di fronte all’opinione pubblica mondiale e il vuoto normativo che contraddice e vanifica questi proclami”.
Alla conferenza è intervenuta anche la deputata italiana Pia Locatelli, presidente onoraria dell’Internazionale Socialista Donne, che ha seguito da vicino l’evoluzione delle Primavere Arabe con una particolare attenzione per la condizione delle donne: “Nonostante le riforme in Marocco esistono ancora grandi contraddizioni. Nel mercato del lavoro le donne sono presenti marginalmente (27-28%) e solo il 59% ha accesso all’istruzione. Gli uomini guadagnano in media 11.600 dollari l’anno mentre il reddito delle donne si attesta a 3mila dollari. In Egitto, dopo le prime elezioni successive alla destituzione di Mubarak, le donne sono approdate in parlamento in percentuale minima (2%), anche se adesso sono leggermente aumentate. Ancora adesso le mutilazioni genitali colpiscono il 90% delle bambine. La Tunisia, invece, è un paese tradizionalmente più aperto, con una società civile particolarmente vivace. In seguito alla caduta di Ben Ali e dopo le prime elezioni, il parlamento tunisino ha eletto un 27% di rappresentanti donne”.