Era stato rilasciato il 19 giugno. Secondo la sua formazione politica, Waed, l’attivista sunnita è stato di nuovo arrestato per avere criticato il governo di Manama durante una commorazione per le vittime della repressione
della redazione
Roma, 13 luglio 2015, Nena News – Dopo appena tre settimane dal rilascio, l’attivista bahreinita Ibrahim Sharif è tornato in carcere. Le manette sono scattate all’indomani di un discorso pronunciato, venerdì, durante una cerimonia di commemorazione per le vittime degli scontri che dal 2011, l’anno della cosiddetta primavera bahreinita, si ripetono nel piccolo regno del Golfo a maggioranza sciita, ma governato dalla dinastia sunnita al Khalifa.
Il ministero dell’Interno non ha specificato le ragioni dell’arresto, ma le parole pronunciate da Sharif devono avere infastidito la casa reale che negli ultimi quattro anni ha stretto la morsa della repressione su ogni forma di dissenso e ha limitato la libertà di espressione. Secondo il partito Waed, formazione politica che è stata guidata da Sharif, l’attivista sunnita è stato di nuovo arrestato per “incitamento all’odio contro il regime”. Avrebbe criticato il governo di Manama, ribadendo le richieste dell’opposizione: la fine di un sistema monarchico assoluto e maggiore partecipazione dei cittadini, iniziando dall’elezione del primo ministro, adesso nominato dal re, come anche il Consiglio della Shura, la Camera alta del Parlamento bicamerale, dove solo la camera bassa è eletta e comunque il monarca conserva il potere di veto su ogni decisione.
Sharif che ha svolto un ruolo di rilievo durante le proteste di piazza La Perla, finite con l’intervento del contingente del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), sorta di Nato della penisola arabica dominata dall’Arabia Saudita che non gradiva l’affermazione del fronte sciita nell’arcipelago considerato una sorta di bastione dell’Occidente contro le mire espansionistiche dell’Iran. Il Bahrein ospita la V Flotta della Marina Statunitense.
Il suo ruolo nelle manifestazioni gli è costato una condanna a cinque anni di carcere (comminata a giugno del 2011), stigmatizzata anche da Washington, oltre che da Teheran, che ha esortato l’alleato a non ricorrere ai tribunali militari per processare civili. Tanti attivisti si trovano nelle carceri bahreinite per reati di opinione che nel regno sono spesso considerati “atti terroristici”. Le organizzazioni per i diritti umani hanno più volte denunciato il ricorso alla tortura , le carcerazioni arbitrarie e le leggi liberticide.
Sharif era stato rilasciato Il 19 giugno, negli stessi giorni in cui finiva in manette un altro leader molto popolare in Bahrein: lo sciita Ali Salman, a capo della formazione di opposizione al Wefaq che ha svolto un ruolo chiave nelle proteste del 2011. In quei giorni in cui i bahreiniti sperarono di poter mettere fine a un regime autoritario, che marginalizza la comunità sciita, morirono 89 persone. L’intervento del CCG mise fine ai raduni a piazza La Perla, diventata il simbolo della protesta, ma non al malcontento della popolazione, soprattutto degli sciiti, e alle manifestazioni che continuano a ripetersi nel regno, scatenando anche la violenta repressione della polizia.
Venerdì scorso Sharif stava partecipando alla commemorazione della morte del 16enne Hussam Alhaddad, ucciso negli scontri con la polizia a Muharraq il 20 agosto del 2012. Nena News
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