Ieri il ministero degli interni bahrenita ha annunciato la deportazione di un “numero di libanesi affiliati o sostenitori” del Partito di Dio. Più o meno nelle stesse ore, la polizia ha arrestato la nota attivista dei diritti umani Zainab al-Khawaja e suo figlio ‘Abd Allah di un anno
di Roberto Prinzi
Roma, 15 marzo 2016, Nena News - A distanza di soli tre giorni dalla decisione della Lega araba di definire Hezbollah una organizzazione “terroristica”, ecco arrivare le prime (scontate) ripercussioni politiche. “Un numero di residenti libanesi è stato deportato dopo che è stato confermato la loro appartenenza e il loro sostegno ai terroristi di Hezbollah” recitava ieri un comunicato postato sull’account Twitter del ministero degli interni del Bahrein. Non è possibile stabilire al momento con certezza il numero delle persone colpite dall’ordinanza di Manama. La scorsa settimana la stampa libanese aveva riferito che 10 famiglie avevano ricevuto l’ordine di lasciare il Paese nel giro di 24 ore. Una notizia mai confermata dai vertici bahreniti che continuano tuttora a tenere la bocca cucita.
Sebbene sia vago il numero di coloro che sono stati espulsi, sono invece chiarissimi i messaggi politici che si possono cogliere. In primo luogo, Manama ribadisce con atti concreti (e non solo a parole) la volontà del blocco sunnita capeggiato da Riyad di alimentare la battaglia settaria contro gli sciiti in chiave anti-iraniana. Il Partito di Dio non è solo infatti una formazione per lo più sciita, ma è soprattutto alleata dell’Iran, l’acerrimo nemico dei Paesi del Golfo. In secondo luogo, la monarchia sunnita bahrenita (minoranza in un Paese a maggioranza sciita) ha confermato, qualora non fosse già stato evidente, di essere de facto un protettorato dell’Arabia Saudita di cui copia pedissequamente qualunque mossa. Non è un caso che la decisione annunciata ieri sia giunta a distanza di un giorno dalle minacce di “pene severe” contro i cittadini sauditi affiliati o sostenitori di Hezbollah promesse dal ministro degli interni della monarchia wahhabbita, il principe Mohammed bin Nayef.
Ma a pagare il prezzo più caro delle politiche repressive di re Hamad – su cui tace l’Occidente dei “Charlie Hebdo” per mere considerazioni geopolitiche – sono soprattutto i dissidenti interni. Più o meno nelle stesse ore in cui veniva annunciata la deportazione dei sostenitori dei “terroristi” libanesi, la polizia arrestava Zainab al-Khawaja e suo figlio Abdallah di solo un anno per aver partecipato alle manifestazioni di protesta contro la monarchia nel 2011. Secondo il racconto fornito dalla sorella Maryam (anch’essa attivista, ma esule in Danimarca) e confermato dalla madre Khadija al-Musawi, ufficiali della polizia avrebbero fatto irruzione nell’abitazione dei suoi suoceri prima di andare a casa sua ad arrestarla. Al-Khawaja, figlia del noto attivista dei diritti umani Abdul Hadi, è stata condannata a 3 anni di carcere per una serie di capi d’accusa, tra cui l’aver strappato le immagini di re Hamad. Zainab – sostiene la sorella – potrebbe essere stata arrestata ieri così da espiare la sua pena.
Nel febbraio del 2011 anche il Bahrein è stato toccato dal vento delle rivolte arabe. Migliaia di bahreniti si radunarono in Piazza della Perla, nella capitale Manama, per chiedere maggiori aperture democratiche al re Hamad bin Isa al-Khalifa. Tra i manifestanti c’erano principalmente gli sciiti – la maggioranza della popolazione in un regno governato da una dinastia sunnita – che invocavano una maggiore partecipazione politica e lamentavano discriminazioni. Ma le loro istanze furono duramente represse da Manama con l’aiuto (14 marzo 2011) delle forze militari e di polizia del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organismo dei Paesi del Golfo dominato dall’Arabia Saudita. Una repressione, quella architettata con Riad, che ha portato all’arresto di centinaia di attivisti, esponenti di movimenti politici, religiosi, manifestanti dell’opposizione. Senza poi dimenticare i “desaparecidos” di cui si sono ormai completamente perse le tracce.
Le violenze e le violazioni dei diritti umani sono ben note all’Unione Europea e agli Stati Uniti, ma non destano molto clamore presso le cancellerie occidentali: il Bahrein è uno stretto alleato dell’Occidente in chiave anti-iraniana. Ospita la V flotta degli Stati Uniti e, di recente, anche una base militare britannica.
Lo scorso 5 febbraio il Parlamento europeo ha condannato fermamente l’uso continuo della tortura da parte delle forze di sicurezza bahreinite e l’applicazione di leggi anti-terrorismo che mirano a punire i cittadini per il loro credo politico. Nena News
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