Dalla parte dei palestinesi si sono schierati molti cittadini del piccolo regno nel Golfo, a differenza di quanto è accaduto negli Emirati dopo l’annuncio dell’accordo tra Abu Dhabi e Tel Aviv
della redazione
Roma, 12 settembre 2020, Nena News – Ci sarà anche il ministro degli esteri del Bahrain, Abdullatif Al Zayani, il 15 settembre, con il premier israeliano Netanyahu e i rappresentanti degli Emirati, alla cerimonia per la cosiddetta “Storica dichiarazione di pace” organizzata da Donald Trump alla Casa Bianca. Ieri sera il piccolo arcipelago del Golfo, sul quale regna un alleato di ferro degli Usa, re Hamad bin Isa al Khalifa, ha scelto di normalizzare i rapporti con lo Stato di Israele. A Washington Manama si unirà ad Abu Dhabi e firmerà gli «accordi di pace» con Israele, anche se le due monarchie del Golfo non hanno mai combattuto alcuna guerra contro lo Stato ebraico.
Rabbia in casa palestinese, anche se il passo del Bahrain era largamente atteso. Diversi esponenti, politici e della società civile, hanno duramente condannato re Hamad e il suo entourage. L’Anp ha richiamato il suo ambasciatore a Manama e ha interpretato come una provocazione la dichiarazione congiunta di Usa, Bahrain e Israele al punto in cui afferma che la normalizzazione tra Manama e Tel Aviv aprirà la strada a una «giusta, ampia e duratura soluzione del conflitto israelo-palestinese per consentire al popolo palestinese di realizzare il suo pieno potenziale». Dalla parte dei palestinesi si sono schierati molti cittadini del Bahrain, a differenza di quanto accaduto negli Emirati dopo l’annuncio della normalizzazione tra Abu Dhabi e Tel Aviv. La normalizzazione con Israele si inserisce infatti all’interno della complessa situazione del Bahrain dove la monarchia, espressione della minoranza sunnita, usa il pugno di ferro contro la maggioranza sciita della popolazione accusandola in modo strumentale di chiedere riforme e democrazia al solo scopo di fomentare disordini “su ordine dell’Iran”. I centri per i diritti umani hanno ripetutamente denunciato i gravissimi abusi e crimini che compie il regime bahranita. Wefaq, il principale partito sciita (dichiarato illegale dal regime), ha condannato l’accordo con Israele definendolo “illegale”.
Il passo mosso dal Bahrain ha fatto meno clamore sui media rispetto all’annuncio del 13 agosto dell’avvio di piene relazioni tra Emirati e Israele. Ma non è meno importante per lo Stato ebraico. Il Bahrain è in una posizione strategica nel Golfo, ospita la V Flotta americana, una base militare del Regno Unito e il comando navale internazionale della lotta alla pirateria nell’Oceano indiano. Israele di fatto arriva a pochi chilometri di distanza dall’Iran. Giustificata la soddisfazione di Netanyahu che in un videomessaggio ha detto «abbiamo raggiunto un altro accordo di pace con un altro Stato arabo». Il premier ha parlato di «Pace in cambio della pace» in alternativa al principio «terra in cambio della pace» contenuto nell’iniziativa araba del 2002 e da decenni pilastro della soluzione a Due Stati (Israele e Palestina). In sostanza Israele non dovrà ritirarsi dai territori palestinesi occupati nel 1967, a cominciare da Gerusalemme Est, per firmare accordi pieni con i paesi arabi.
Per Netanyahu si tratta dell’ennesimo successo diplomatico ottenuto grazie all’Amministrazione americana. Appena qualche giorno fa Kosovo e Serbia si erano detti disposti – secondo la dichiarazione fatta da Trump – ad aprire le ambasciate a Gerusalemme. In verità il presidente serbo Vucic, stando ad un video virale per giorni, era sembrato all’oscuro della cosa. E in seguito ha anche ammonito Israele dal riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Ieri invece ha comunicato di aver avuto un «ottimo colloquio telefonico» con Netanyahu e annunciato una sua prossima visita a Gerusalemme senza fare alcun riferimento alla questione del Kosovo. Nena News