Il noto dissidente soffrirebbe di problemi di cuore e depressione. L’attivista Abdul Hadi al-Khawajah, intanto, non tocca cibo da due settimane per protestare contro la “detenzione arbitraria e il trattamento degradante dei detenuti”. Ma Manama tira dritto e pensa di dissolvere il partito di sinistra Wa’ad
di Roberto Prinzi
Roma, 28 aprile 2017, Nena News – In sciopero della fame da due settimane. Non parliamo questa volta di un prigioniero palestinese, ma del noto attivista bahrenita Abdul Hadi al-Khawaja condannato all’ergastolo sei anni fa per il ruolo da protagonista svolto durante le manifestazioni anti-regime del 2011. Al-Khawaja, che ha anche la cittadinanza danese, ha incominciato a non toccare cibo (per la quinta volta in 6 anni) il 12 aprile per denunciare, si legge in un comunicato del Centro del Golfo per i diritti umani (Gchr), “la detenzione arbitraria e il trattamento degradante dei prigionieri in Bahrain”.
Il Gchr ha chiesto alle autorità locali il rilascio medico di al-Khawaja e di un altro noto attivista anti-governativo Nabeel Rajab. Secondo quanto ha riferito mercoledì l’ong internazionale Human Rights Watch (Hrw), le condizioni di salute di Rajab starebbero peggiorando “drammaticamente” dopo 10 mesi di detenzione arbitraria. “Incriminarlo per aver espresso delle critiche e imprigionarlo rinviando le udienze sono emblematici del disprezzo che ha il Bahrain verso i più elementari diritti umani” ha denunciato Joe Stork, vice direttore del Medio Oriente ad Hrw. “Nabeel – ha aggiunto – non dovrebbe essere in prigione e le sue precarie condizioni di salute sottolineano l’ingiustizia della sua detenzione arbitraria”.
Il dissidente è stato arrestato nel giugno del 2016 per aver criticato con un tweet i raid aerei sauditi contro lo Yemen e per aver “insultato le autorità locali”. Sin dal suo arresto, spiega Human Rights Watch, Rajab è stato sottoposto a due operazioni e ha avuto problemi di cuore che hanno richiesto cure mediche. Non solo: l’attivista avrebbe anche un basso numero di globuli bianchi e soffrirebbe di depressione. Negli ultimi 6 anni Nabeel è stato imprigionato varie volte per aver preso parte alle proteste contro la monarchia di re Hamad e subirà un nuovo processo il 17 maggio dove rischia 18 anni di carcere per i “reati” per cui è incriminato (offesa a uno stato straniero e alle istituzioni nazionali, commenti critici sul sistema giudiziario locali).
“Le accuse contro di lui sono una chiara violazione del suo diritto alla libertà di espressione prevista dall’articolo 19 della Convenzione internazionale sui diritti politici e civili (Iccpr) che il Bahrain ha ratificato” sottolinea ancora Hrw. Di fronte alla dura repressione di Manama verso gli oppositori, sembra lontana qualsiasi forma di riconciliazione pacifica. Intervistato questa settimana dal portale Middle East Eye, il leader religioso bahrenita Marytham al-Salman, ha sintetizzato così la situazione: “In paesi dove la libertà di espressione è ristretta, dove c’è esclusione politica, sociale ed economica per la maggioranza della popolazione e dove non c’è spazio per la società civile, ovviamente il livello di frustrazione cresce”. “Pertanto – ha aggiunto al-Salman – quando hai un paese con un livello alto di frustrazione è molto probabile assistere ad episodi di violenza. Per evitarli, una delle migliori strategie è provare a calmare la frustrazione. Ma questo non può avvenire quando hai il 65% della demografia religiosa del Paese [gli sciiti, ndr] che si sente cittadina di quarta classe e non con uguali diritti”.
La monarchia degli al-Khalifa non sembra affatto interessata ad ascoltare questi suggerimenti. Sarebbero infatti in atto piani per dissolvere la Società dell’azione democratica nazionale (Wa’ad), la principale organizzazione d’opposizione laica e di sinistra presente nel Paese. Una mossa che farebbe seguito alla già avvenuta dissoluzione di al-Wefaaq, il principale gruppo d’opposizione (il cui leader Ali Salman è, neanche a dirlo, in carcere). Lunedì i leader del Wa’ad, Ebrahim Sharif e sua moglie Farida Ghulam, sono stati incriminati per aver preso parte ad un raduno “illegale” nel villaggio di Duraz dove, denunciano gli oppositori, le autorità locali avrebbero imposto uno “stato d’assedio” in seguito alle proteste contro la revoca della nazionalità del religioso Issa Qassem. Tra gli oppositori politici colpiti dalla scure di Manama, non bisogna dimenticare poi Zeinab al-Khawajah (figlia di Abdul Hadi) che è stata costretta all’esilio perché minacciata di essere nuovamente arrestata per un periodo di tempo indefinito. In questo quadro non edificante in quanto a diritti e libertà, vi è poi la vicenda di al-Wasat, l’unico quotidiano indipendente del Paese che paga la sua linea editoriale non vicina alla casa regnante con cicliche chiusure.
Un nuovo durissimo colpo per l’opposizione bahrenita è giunto a inizio marzo quando il parlamento ha approvato un cambiamento costituzionale che permetterà alle corti militari di processare i civili. Per gli attivisti l’intento è chiaro: l’emendamento instaura di fatto la legge marziale nel piccolo arcipelago e sarà usato come arma per reprimere ancora di più qualunque forma di dissenso. Di diverso avviso, ovviamente, è Manama che parla di modifica “necessaria per combattere il terrorismo”.
Di fronte all’attacco a tutto campo della monarchia contro l’opposizione tacciono l’Europa “dei diritti” e gli Usa “delle libertà”. Gli Stati Uniti, fatta eccezione per qualche timida protesta, non hanno mai fatto nessuna pressione per impedire gli arresti di massa, le condanne sommarie, gli abusi e le torture. Anzi, la casa regnante degli al-Khalifa – che ospita sul suo territorio la Quinta flotta americana – continua ad essere trattata con tutti gli onori dai reali inglesi a dalle “democrazie” europee. L’Italia non si distingue molto dagli alleati d’oltreoceano: Roma ha sviluppato ottime relazioni politiche e commerciali con Manama in questi anni. Significativo, in tal senso, è stato l’accordo firmato lo scorso novembre tra Eni e le compagnie petrolifere bahrainite. Senza dimenticare i numerosi incontri istituzionali tra l’ambasciatore italiano in Bahrain e il governo locale per discutere la possibilità di migliorare i rapporti tra i due Paesi. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir