Dopo il boicottaggio annunciato dall’opposizione sciita, il nuovo Parlamento si ritrova con 27 deputati sunniti pro-governativi su 40. E il re rinomina come premier lo zio Khalifa bin Salman, capo del governo dal 1970
della redazione
Roma, 1 dicembre 2014, Nena News – “Le elezioni hanno offerto un’opportunità importante per realizzare le legittime aspirazioni di tutti bahrainiti”. Parola di Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato americano, che ha voluto dare la benedizione di Washington alla “prova di democrazia” dimostrata dal Bahrain con le ultime elezioni parlamentari, le prime dallo scoppio delle rivolte del 2011 nel piccolo emirato del Golfo. Washington però non si è forse accorta del fatto che su 40 seggi, 27 sono andati ai candidati sunniti pro-governativi (tra cui due Fratelli Musulmani e due Salafiti), nonostante gli sciiti compongano il 70 per cento della popolazione e la maggior parte abbia boicottato le elezioni.
Come non si è accorta del fatto che, nonostante le dimissioni e le elezioni generali, Khalifa bin Salman al-Khalifa, primo ministro ininterrotto del Bahrain dal 1970 e zio del re, è ancora al suo posto. Costretto a sciogliere il governo in vista del voto di dieci giorni fa, è stato rinominato da suo nipote, re Hamad bin Issa al-Khalifa, a capo dell’esecutivo provvisorio che supervisionerà la formazione di un nuovo gabinetto, a discapito delle accuse di brogli e di irregolarità da entrambe le parti.
Se le opposizioni sciite – e soprattutto il loro principale partito al-Wefaq, che aveva ritirato tutti i suoi deputati dal Parlamento in seguito alle proteste della “primavera bahrainita” del 2011 – avevano fatto appello al boicottaggio di quelle che consideravano elezioni-farsa, manifestando in molti villaggi e subendo la dura repressione della polizia, esse sono state accusate dalle autorità di aver impedito a molti cittadini di raggiungere i seggi. Allo stesso tempo, le opposizioni hanno denunciato le coercizioni fatte agli aventi diritto perché si recassero alle urne. L’opposizione sostiene che solo il 30 per cento dei circa 350 mila elettori abbia votato, nonostante la commissione elettorale abbia dichiarato un’affluenza alle urne del 52,6 per cento.
Prima delle elezioni il leader di al-Wefaq, Sheikh Ali Salman, si era detto di nuovo pronto a sedersi al tavolo con il governo, ma solo se questo avesse implementato le riforme democratiche in tempi stretti. Tra le richieste, la creazione di una vera monarchia costituzionale, con un primo ministro indipendente dalla famiglia reale sunnita Al-Khalifa, al potere dal 1783. Vista la mossa di re Hamad nel rinominare il premier pluridecennale, appare chiaro che la strada verso una vera monarchia costituzionale appare molto lontana. Come appare chiaro che “le legittime aspirazioni di tutti i bahreiniti” siano lungi dall’essere rispettate. Nena News