22 milioni i cittadini chiamati oggi alle urne per le legislative. Ma gli analisti prevedono che saranno molti di meno: la diffusa apatia deriva dalla consapevolezza che il vero potere nel Paese è nelle mani della classe militare
di Federica Iezzi
Roma, 4 maggio 2017, Nena News – Mentre i partiti principali e le liste indipendenti competono per i 462 posti in parlamento, in lizza dal prossimo 4 maggio, i 22 milioni di elettori algerini fanno i conti con una lunga storia di diffidenza verso la politica. Le elezioni politiche in Algeria si sono aperte con il voto dei 955.426 elettori algerini residenti all’estero, chiamati alle urne lo scorso sabato.
La diffusa apatia deriva dal fatto che nonostante la presenza democratica di un Parlamento, il vero potere in Algeria, ciò che è comunemente conosciuto come ‘le pouvoir’, è nelle mani della classe politico-militare, che ha combattuto la guerra di liberazione contro l’indipendenza francese. Nulla è cambiato da allora. L’Algeria è formalmente una democrazia sotto tutorship militare. Ci possono essere dibattiti politici, proliferazione di partiti, ma lo status quo non cambia.
Il quadro è quello di un Paese in cui i bassi prezzi del petrolio schiacciano un’economia martoriata. L’Algeria è uno dei principali produttori OPEC e il terzo più grande fornitore di gas naturale per l’Unione Europea. I prezzi bassi di energia in Algeria, hanno spinto il parlamento uscente a prendere decisioni impopolari come l’aumento delle imposte e il congelamento degli stipendi del settore pubblico. Il 70% della popolazione è sotto i 30 anni e di certo mira a vedere il suo enorme potenziale economico sfruttato per risolvere i problemi sociali endemici.
Il problema non è quindi quanti soldi il Paese fa, ma come viene speso il denaro prodotto. L’immobilità del regime ha portato ad una diffusa corruzione. Quando i responsabili non cambiano, il sistema economico diventa sclerotico e nelle mani di pochi privilegiati. Dunque, mentre un numero limitato di persone si arricchisce, le masse muoiono di fame. E uno dei tratti principali dell’Algeria è di cambiare senza cambiare.
‘Il 77enne presidente è parte integrante della storia del suo Paese’. E con il sole che splende e la vista che si estende verso la Qasba bianca e al di là del Mediterraneo, Abdul Aziz Bouteflika aspetta le elezioni parlamentari. Riconciliazione nazionale e stabilità regnano in Algeria da 18 anni, dopo che una sanguinosa guerra, che ha opposto una miriade di forze islamiste al governo centrale, ha visto la morte di un quarto di milione di civili. Ufficiali militari e temuti gruppi di intelligence, hanno continuato a combattere contro gli insorti islamici. In un tale contesto di violenza, l’appetito per le manifestazioni di piazza, è scarso.
L’Algeria è un Paese silenzioso. Nessuno ne parla. E questo riassume lo stato della sua democrazia. ‘Votare massicciamente per rafforzare la stabilità politica e di sicurezza nel Paese, supportando il presidente Bouteflika’ è il motto dell’ideologia socialista del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), diretto da Djamel Ould Abbes. Il regime a partito unico guidato per anni dal FLN si è evoluto quando la regola del multipartitismo è stata introdotta nel 1989, anche se ancora oggi l’FLN gioca un ruolo chiave nel sistema politico algerino. Si poteva considerare l’inizio di un’evoluzione democratica nella politica algerina? No, era piuttosto una necessità.
A quel tempo il Paese stava subendo profondi sconvolgimenti sociali e la popolazione chiedeva più democrazia. Il Fronte di Salvezza Islamico (FIS) è stato il portavoce delle proteste popolari. Sfruttando il malcontento il FIS, guidato da Chadli Bendjedid, introdusse la shari’a in una società prevalentemente laica, cosa che spaventò grandi porzioni di società algerina. La risposta è stata un colpo di Stato militare che introdusse l’Algeria alla guerra civile degi anni ‘90.
Il regime militare algerino ha combattuto il terrorismo con un tale grado di spietatezza da confinarlo nel sud desertico del Paese. Mali e Niger al confine sud, socialmente instabili, stanno ancora pagando il prezzo della minaccia terroristica schiacciata a sud dell’Algeria. Per cui il via della primavera araba del 2010, per l’Algeria è stata semplicemente un deja-vu.
Mentre oggi i partiti d’ispirazione islamica puntano su nuove alleanze per uscire dal cono d’ombra in cui sono stati relegati dalla fine della guerra civile, il Raduno Nazionale per la Democrazia (RND), attualmente capeggiato da Ahmed Ouyahya e alleato con il governo, sostiene un incremento di legittimità dell’esercito nazionale nella lotta contro gli estremisti.
Quello a cui attualmente mira il governo algerino è un’alta affluenza alle urne, attraverso cui inviare un messaggio di fiducia nella propria democrazia alla Comunità Internazionale. Lega Araba, l’Unione Africana e l’Organizzazione della Conferenza Islamica hanno confermato la presenza missioni di osservatori. Nena News
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