I combattimenti tra forze governative e i jihadisti e i bombardamenti aerei hanno messo in ginocchio le strutture sanitarie nella zona Est della città
di Federica Iezzi*
Roma, 3 ottobre 2016, Nena News – Si è conclusa un’altra settimana di violenti combattimenti tra l’esercito regolare siriano, appoggiato dall’aviazione russa, e i qaedisti del gruppo Jabhat al-Nusra (oggi noto come Jabhat Fateh al-Sham), ad Aleppo. Divisa dal 2012 in una zona (ovest) controllata dalle forze governative e in una zona (Est) controllata da una galassia di gruppi jihadisti e ribelli, la città, soprattutto da luglio, continua a seppellire morti.
I combattimenti paralizzano l’attività medica ad Aleppo, in particolare nella zona Est dove vivono oltre 200mila civili. Cinque degli otto ospedali della città sono situati nei 64 quartieri in mano a jihadisti e ribelli. Sarebbero appena 30 i medici rimasti al lavoro nella zone Est e posso offrire solo terapie di base, spesso tra le macerie delle strutture bombardate. Dalla metà di luglio, secondo fonti dell’opposizione siriana, tutti gli ospedali ancora funzionanti ad Aleppo Est sarebbero stati danneggiati almeno una volta dai bombardamenti, insieme a edifici residenziali, stazioni di distruzione dell’acqua e generatori elettrici.
I ribelli da parte loro lanciano ormai quotidianamente razzi e ordigni esplosivi sulla parte Ovest di Aleppo causando vittime civili che il più delle volte non sono riportate dai media internazionali.
L’ultimo ospedale colpito è l’M10 (nome in codice utilizzato per gli ospedali, nel tentativo di mantenere segrete le loro posizioni). Colpito da pesanti bombardamenti e da proiettili di artiglieria anche durante la scorsa settimana, l’M10 , supportato dalla Syrian American Medical Society, era già alla metà del suo potenziale operativo. Danneggiati gravemente l’unità di terapia intensiva, i generatori di corrente, l’edificio per lo stoccaggio del combustibile e i serbatoi d’acqua. Ancora funzionanti erano il pronto soccorso, per il triage di base, e una sguarnita sala operatoria, per i casi di emergenza. Ora sono stati evacuati in una clinica adiacente i 60 pazienti rimasti al suo interno.
Dal cessate il fuoco concordato a Ginevra, con l’impegno diretto di Washington e Mosca, e crollato lo scorso 19 settembre, almeno 320 persone, tra cui circa 100 bambini, sono stati uccisi ad Aleppo, secondo i dati resi noti dall’UNICEF.
Altri bombardamenti, pare questa volta della Coalizione Internazionale, non hanno risparmiato l’M2 Hospital e il piccolo ospedale da campo nel quartiere di Sakhur, entrambi situati su linee di alimentazione divenute ormai obiettivi militari, nelle aree controllate da jihadisti e ribelli. Sono state colpire anche strutture sanitarie nel quartiere di al-Shaar, situato nel centro di Aleppo a due chilometri a nord-est della Cittadella storica della città, tra cui un ospedale ginecologico, l’al-Hakim pediatric hospital e una banca del sangue.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità al momento un solo ospedale ad Aleppo Est offre ancora servizi ostetrici, con due ginecologi e un carico di lavoro di 30-35 parti al giorno.
Ad al-Shaar, uno tra i quartieri più martoriati, l’ospedale chirurgico al-Bayan non ha più sale operatorie funzionanti e i medici visitano i pazienti in un’area esterna adiacente alle macerie dell’ospedale. Una volta stabilizzati i pazienti, il personale sanitario trasporta i feriti sotto il fuoco ininterrotto per chilometri, fino a raggiungere ospedali meglio funzionanti.
Secondo un rapporto del gruppo statunitense Physicians for Human Rights, tra il giugno 2012 e l’aprile 2016, le forze aeree governative e russe avrebbero condotto almeno 50 attacchi aerei contro strutture mediche all’interno della città di Aleppo. Damasco e Mosca da parte loro negano con forza di aver preso di mira intenzionalmente le strutture sanitarie. Nena News
*Cardiochirurgo pediatra che ha partecipato a diverse missioni dell’Onu in Siria e giornalista free lance
Pingback: Aleppo, ospedali in ginocchio | ARCS Culture Solidali
Pingback: Aleppo, ospedali al collasso | federicaiezzi
Pingback: SIRIA. Sotto i colpi di mortaio | federicaiezzi